In Sardegna il Diavolo assumeva i nomi più disparati legati alle sue caratteristiche fisiche o al tipo di manifestazione. I più comuni erano diaulu, duengu, demoniu, aremigu, lu bekku, zampa di addu, coixedda , coa de fogu, bestia, puzzinosu, tentatori, foras de nosu, foras domine, bobboi, momotti, maschinganna, bruttu.
A parte gli appellativi più comuni, si utilizzavano delle perifrasi per non nominarlo direttamente, in quanto il contrario lo avrebbe fatto immediatamente comparire. Questo diavolo che si materializzava al solo farne il nome, veniva immaginato e descritto nei suoi rapporti con gli uomini piuttosto che nel suo naturale ambiente infernale. Le apparizioni del diavolo, che tutt’oggi si raccontano, descrivono le forme ingannevoli con cui si manifestava: una vecchia, un bambino piangente che, al nome di un santo o al segno della croce, si trasformavano in una lingua di fuoco, un bue incatenato, un cane, un caprone, un cavallo, un cinghiale, un gallo, un vento impetuoso, e così via.
Coixedda lo si definiva quando spariva qualcosa; non si intendeva un essere cattivo e diabolico, ma piuttosto un furbacchione dispettoso che faceva andare male le cose.
Grazie al fiuto degli animali, che avvertivano la presenza del diavolo e ne vedevano l’ombra, gli uomini prendevano altre vie. A proposito delle apparizioni di Coixedda, le leggende agropastorali che tutt’oggi si raccontano a Mogoro, narrano che su diau (il diavolo), rappresentato come un cane, un gatto, una volpe o con sembianze umane con corna, zampe caprine o asinine, apparisse nel paese, precisamente nei pressi del Rio Mogoro, sotto le sembianze di un bambino infreddolito che piangeva. Nelle notti d’autunno e d’inverno, il suo lamento catturava l’attenzione dei pescatori intenti a sorvegliare le pescaie del fiume. Preoccupati, lo invitavano a scaldarsi vicino al fuoco nella capanna, ma non appena scorgevano i suoi piedi d’asino, davanti al loro sbigottimento, questo scappava via lasciando una scia di fuoco. Questi cosiddetti contus de forrèdda (storie leggendarie), erano un efficace modo per scoraggiare i bambini a frequentare quel luogo tanto affascinante quanto pericoloso.
Coixedda sarebbe l’equivalente di Maschingànna, personaggio fantastico dei paesi centrali dell’Isola che, sempre all’imbrunire e lontano dai centri abitati, si presenta alle sue vittime sotto diverse sembianze, spesso come un soggetto debole che ha bisogno di aiuto.