Pauli Steris, come rilevato dalle carte catastali, è il nome di un antico acquitrino, oggi scomparso, ubicato sulla sommità pianeggiante della collina di Muntonargiu. Nella parlata locale, il nome Pauli Steris si fonde in una sola parola diventando Pauisteris o Puisteris.
Il vasto insediamento ivi rinvenuto, ubicato in una zona di depositi calcarei miocenici presso le pendici nord-occidentali dell’altopiano basaltico di Perdiana, è noto sin dagli anni ’50 grazie alle ricerche di Cornelio Puxeddu e successivamente di Enrico Atzeni che identificò i più antichi momenti di frequentazione del villaggio nella Cultura di Ozieri e di Bonu Ighinu. Anche Giovanni Lilliu ne sottolineò la rilevanza del nel quadro della lavorazione e del commercio dell’ossidiana proveniente da Monte Arci e, all’inizio degli anni ’90, furono pubblicate le foto di alcuni reperti ceramici attribuibili alle culture di Bonu Ighinu e di San Ciriaco.
Tra maggio e giugno del 2000, con la direzione scientifica di Emerenziana Usai, la conduzione sul terreno dell’archeologo Riccardo Cicilloni e la collaborazione dell’assistente tecnico Sannita, dopo vari sopralluoghi di controllo ed un intervento di scavo nella località Serra Neba, è stata possibile l’individuazione di tre piccoli pozzetti scavati nella roccia, isolati e non in rapporto con altre strutture, sicuramente artificiali. Furono, con ogni probabilità, scavati durante il Neolitico Finale, come sembrano documentare i pochi frammenti fittili e di ossidiana della cultura Ozieri recuperati all’interno. Potrebbe trattarsi di pozzetti per raccogliere l’acqua, magari per l’abbeveraggio del bestiame. Si è messo in luce anche un canalone naturale che si apre nel bancone calcareo, con andamento Nord-Sud, riempito di terra con numerosi reperti litici e fittili. Potrebbe trattarsi di un dilavamento di materiali archeologici dalle zone più alte, dovuto anche alle arature effettuate nel sito oppure di un’antica discarica.
Alla luce di tutto ciò, in località Serra Neba, si dovette costituire un’area limitrofa al villaggio di Puisteris, probabilmente sfruttata per l’allevamento del bestiame e forse anche per l’agricoltura. I saggi di scavo effettuati di recente hanno confermato la grande importanza rivestita, per gli abitanti di Puisteris, dell’ossidiana che il vicino Rio Mogoro trasportava in abbondanza dal Monte Arci e depositava, dopo le piene delle stagioni piovose, e che veniva utilizzata come materia prima per la fabbricazione di armi e strumenti litici. Già in passato il Puxeddu aveva individuato nell’esteso villaggio almeno due “capanne” interpretate proprio come botteghe artigianali adibite alla lavorazione dell’oro nero. Questo saggio di scavo è stato effettuato lungo il limite orientale della vecchia carreggiata della SS 131: numeroso e importante il materiale archeologico recuperato, costituito da strumenti litici in selce e soprattutto in ossidiana, frammenti fittili e resti di pasto quali ossa animali e valve di molluschi.
Al di sotto del terreno vegetale superficiale sono comparsi vari strati di antichi piani di campagna dove è venuto alla luce interessante materiale archeologico di pertinenza della cultura di Ozieri. È, però, l’industria litica che caratterizza l’insieme del materiale archeologico rinvenuto nella sacca.
L’analisi, seppur ancora molto parziale, dei manufatti litici rinvenuti nella sacca di Serra Neba, consente dunque di inquadrare con sicurezza il repertorio nell’ambito della cultura Ozieri, e permette, inoltre, di ribadire il ruolo primario dell’ossidiana nell’economia delle popolazioni neolitiche, sia per l’utilizzo quotidiano sia, probabilmente, per gli scambi commerciali.