Per la comunità religiosa di Mogoro, ha un particolare rilievo il miracolo avvenuto il giorno della Pasqua del 1604.
Si racconta che, mentre il parroco don Salvatore Spiga celebrava la messa, al momento dell’eucarestia due fedeli, noti per la loro immoralità, si avvicinarono per ricevere la comunione. Nei racconti questi due fedeli vengono descritti come indegni, tant’è vero che l’ostia, come se avesse loro bruciato la lingua, venne fatta cadere da ognuno di essi sul pavimento.
Le particole delle ostie cadute sulla balaustra lasciarono un’impronta indelebile. Il parroco tentò immediatamente di ripulire la pietra dalle particole cadute, come la prassi vuole nei casi in cui l’ostia cada a terra, rendendosi conto che questo non era possibile.
L’avvenimento fu ripreso da Padre Salvador Vidàl, al tempo Giovanni Andrea Contini da Maracalagonis, nel suo Floretum Alverninum del 1626, dove racconta come
“…le impronte delle ostie erano talmente impresse in essa che penetravano profondamente la pietra come dei nodi nella tavola…le ostie non caddero dal vaso, né dalla mano del Sacerdote.
…Caddero dalla bocca di quei due uomini: preferirono essere abitanti della pietra più che del cuore di quelli.”
L’episodio fu descritto dai sacerdoti don Pietro Cossu e Padre Casu, che riferirono come il vescovo, monsignor Antonio Surredo, dopo gli accertamenti di rito, si fosse convinto della natura soprannaturale dell’evento. Purtroppo non ci sono pervenuti i documenti dell’epoca, ad eccezione di un atto pubblico del notaio Pedro Antonio Escano, datato 25 maggio 1686, con il quale il rettore della chiesa stipulò un contratto per la costruzione di un tempietto di legno dorato, destinato ad ospitare la reliquia.
Oggi la pietra sacra del miracolo eucaristico è conservata dentro la teca, incassata nel paliotto dell’altare maggiore della parrocchia di San Bernardino.
In ricordo del presunto evento ogni anno, nel giorno di Pasqua, si svolge una solenne processione eucaristica.